generico

L'invenzione casuale della pasta Play-Doh

Tutti conoscono il famosissimo pongo con cui abbiamo giocato da bambini, pochi sanno che la sua creazione è casuale ed è dovuta alla carta da parati...

Andrea Scianò Andrea Scianò 26 Nov 2019 · lettura da 5 min
L'invenzione casuale della pasta Play-Doh

Ho voluto scrivere questo post dopo essere venuto a conoscenza di come sia nato il famosissimo pongo Play-Doh.
È una storia a mio avviso molto carina e piena di significato, perchè racchiude la metafora di cosa si possa creare semplicemente guardando le cose con una prospettiva diversa, scatenando la creatività.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è accaduto (se preferite ascoltare anzichè leggere l'articolo, potete farlo grazie a Valerio Galano ed al suo progetto di podcasting, premendo semplicemente play qui sotto).

La nascita di Play-Doh: pensare fuori dagli schemi

Dal 1885 fino al 1950 circa, il carbone era, ahimè povero ambiente, il combustibile per riscaldamento più utilizzato negli Stati Uniti. Produceva il quadruplo dell'energia rispetto al legno ma costava circa la metà.
Oltre al pessimo impatto ambientale, vi era un altro lato negativo per chi lo utilizzava: la fuliggine derivante dalla sua combustione.

Carta da parati? 😯

Per le superfici non lavabili come la carta da parati, molto diffusa all'epoca, la fuliggine era un problema serio.
Per le pulizie di primavera si usava un impasto di farina, acqua, sale e borace fatto in casa e lo si faceva rotolare su e giù per le pareti tappezzate, raccogliendo la fuliggine depositata.

Presto le aziende iniziarono a offrire detergenti per carta da parati premiscelati, ed in questo contesto si colloca la Kutol Products Company, un'azienda manifatturiera di prodotti per la pulizia ancora oggi esistente.

Fondata nel 1912 a Cincinnati in Ohio, vive una profonda crisi verso la fine degli anni '20 ma un giovane e brillante Cleo McVicker, riesce prima a risollevarne le sorti e dopo ad assumere suo fratello, Noah McVicker.
La svolta avviene quando i due siglano un accordo di fornitura con la catena di negozi Kroger, i quali chiedevano un prodotto per la pulizia della loro carta da parati.
Toccò proprio a Noah McVicker inventare un composto morbido e flessibile in grado di raccogliere la fastidiosa polvere.

Il prodotto Kutol diviene il più grande detergente per carta da parati al mondo all'inizio del XX secolo, tuttavia, le fortune iniziano a cambiare negli anni '50.

Cleo McVicker muore in un incidente aereo privato nel 1949.
La moglie ormai vedova, Irma, eredita la compagnia e decide di assumere suo figlio, Joe McVicker, e suo genero, Bill Rhodenbaugh, per provare a colmare il vuoto che la morte di Cleo aveva lasciato.
Come se non bastasse, dopo la seconda guerra mondiale, con il passaggio al riscaldamento a petrolio, a gas o elettricità, l'accumulo di fuliggine sulla carta da parati non è più un problema ed il prodotto non è più richiesto.
Pure l'avvento della carta da parati in vinile, che poteva essere lavata con acqua e sapone, complicava ulteriormente le cose.

Dato che apparentemente non c'è mai fine al peggio, mentre Kutol sta praticamente fallendo, Joe McVicker ha una preoccupazione ben più grande: a 25 anni ha appena scoperto che sta per morire.
Gli viene diagnosticata la malattia di Hodgkin, una rara forma di cancro e tutta la famiglia si stringe attorno a lui per aiutarlo, compresa sua cognata Kay Zufall, che risulterà fondamentale nel prosieguo di questa storia.
Il marito di Kay era un dottore a Bellevue, New York, che convince Joe a farsi operare da loro.
Purtroppo l'intervento non da l'esito sperato e Joe viene subito rispedito a Cincinnati per passare i suoi ultimi giorni.

Pensare in modo diverso 💡

Mentre joe effettua cicli di terapia sperimentale, a base di radiazioni, che gli permisero effettivamente di sconfiggere la malattia, nonostante dopo il trattamento i medici gli abbiano sempre ricordato che sarebbe deceduto presto (perchè consideravano la cura non sufficiente mentre in realtà egli non morì fino al 1992) di li a poco nel New Jersey, sua cognata avrebbe avuto una brillante idea destinata a cambiare per sempre le sorti dell'azienda.
Kay era una maestra di scuola materna ed era intenta a trovare metodi alternativi alla modellazione dell'argilla, che risultava essere disordinata e difficile da lavorare per le mani piccole dei suoi giovani alunni e cercava nuove idee per le decorazioni delle festività natalizie.

Quando lei legge un articolo riguardante la realizzazione di ornamenti per alberi di Natale, usando del semplice detergente per carta da parati, si chiede se Joe ne avesse mai sentito parlare.
Spinta da grande entusiasmo, si reca al primo negozio di ferramenta locale dove chiede una confezione di detergente per carta da parati Kutol.
Con estrema difficoltà, dato che il prodotto era ormai in disuso, il negoziante riesce a trovarne una lattina ed una volta appurata la non tossicità della pasta, Kay decide di testarla e darla ai bambini della sua classe: essi adoravano modellarla creando le forme più svariate!

In preda all'entusiasmo, Kay chiama Joe e gli dice:

Puoi trasformare quella roba in un giocattolo!

Spiazzato dalla stranezza di questa idea, ma subito intrigato dal suo potenziale, Joe si precipita fuori di casa e guardando agli ornamenti dell'albero di Natale risponde:

Mio Dio, lo faremo!

Kay suggerisce ai McVicker (Noah e Joe) persino il nome della sua scoperta: Play-Doh!
Si rese conto della potenzialità dell'invenzione e aveva intuito che avrebbe prodotto un giocattolo migliore del detergente originario, così riuscì a persuadere i due a metter su una produzione in larga scala.

Una nuova vita 🌈

Joe McVicker, suo zio Noah McVicker e Bill Rhodenbaugh, aprono una nuova filiale chiamata Rainbow Crafts Company, con la quale iniziano a commercializzare il loro vecchio prodotto con il nome suggerito.

Sede storica della Rainbow Crafts Company

Woodword & Lothrop, grande magazzino a Washington DC, fu il primo a portare Play-Doh tra i propri scaffali. Macy e Marshall Field si interessarono presto al giocattolo e iniziarono anche loro a proporlo ai propri clienti.

Woodword & Lothrop ai giorni nostri

Nel 1958, Play-Doh compare nelle pubblicità televisive di "Captain Kangaroo", "Ding Dong School" e "Romper Room", trasmissioni per bambini paragonabili alle vecchie "BIM BUM BAM", "L'albero azzurro" o "Solletico": le vendite schizzano alle stelle!

La linea di prodotti si amplia nel 1960 con l'introduzione della Play-Doh Fun Factory, una pressa giocattolo che permetteva di modellare il composto in diverse forme. Anche altre novità furono introdotte, ma nessuna ebbe la longevità della Fun Factory, venduta ancora oggi.

Joe e Noah McVicker con Fun Factory

McVicker fece domanda di brevetto nel 1956 e fu accolta il 26 gennaio 1965, lo stesso anno in cui Rainbow Crafts fu venduta alla General Mills che la fondeva con la Kenner Products nel 1971.
Una nuova fusione con Tonka Corporation avvenne nel 1989 e due anni dopo, Hasbro acquistò quest'ultima, trasferendo Play-Doh e la sua divisione Playskool, facendone quel fenomeno di ricreazione globale che tutti conosciamo.

Curiosità

  • Al contrario di Play-Doh, la storia di Joe McVicker non ebbe un lieto fine. Peccato perchè le premesse vi erano tutte: dopo aver sconfitto la rarissima malattia contratta ed aver portato al successo il nuovo prodotto, Joe sperperò i soldi guadagnati dalla vendita di Rainbow Crafts e anni dopo dovette lottare contro dipendenza da alcol ed altri problemi personali. Morì nel 1992 ma a noi piace ricordarlo così:
  • La ricetta del Play-Doh rimane uno dei segreti più reconditi nel settore dei giocattoli.

  • Kutol Products ha continuato a crescere, diventando uno dei produttori di detergente più grandi negli Stati Uniti. Bill Rhodenbaugh è ora in pensione e i suoi due figli, Joe e Tom, gestiscono la compagnia con sede a Cincinnati.

  • Kay e Bob Zufall gestiscono una clinica di successo per i poveri a Dover, nel New Jersey. La fiorente e stimata Dover Community Clinic è gestita da 20 medici volontari che ricevono oltre 12.000 visite di pazienti all'anno.

Da gioco a simbolo

Questa invenzione accidentale diventata un franchising mondiale, oggi è quasi un rito di passaggio per i bambini nel diventare creativi divertendosi. Secondo la rivista Fortune, Play-Doh vendette oltre 3 miliardi dei suoi classici barattoli dal giorno del suo debutto come giocattolo, eclissando la sua esistenza precedente come detergente per carta da parati.

Nel 1998 la pasta viene inserita nella National Toy Hall of Fame - organizzazione istituita per riconosce i giocattoli che hanno ispirato il gioco creativo e goduto di popolarità per un periodo prolungato.
Ogni anno, la prestigiosa sala vede popolarsi di nuovi giocattoli e mette in mostra versioni nuove o storiche di grandi classici amati da intere generazioni.

Originariamente disponibile solo nel colore bianco base, Play-Doh incluse presto il rosso, il blu ed il giallo: i colori basilari che, mescolati assieme, potevano creare i colori dell'arcobaleno; per questo motivo la compagnia produttrice fu chiamata Rainbow Crafts.
Oggigiorno si può trovare in commercio nelle più disparate tonalità, con edizioni speciali che comprendono tinte metalliche e glitterate.
La ricetta ha subìto piccole variazioni nel tempo: ad un certo punto, la quantità di sale presente fu ridotta in modo che il prodotto seccasse meno rapidamente; per il resto, la miscela è rimasta quasi la stessa.

Uno degli attributi più accattivanti di Play-Doh è sempre stato il suo odore distintivo. Chiunque ne abbia mai aperto una lattina lo riconosce facilmente.
Per celebrarne il 50° anniversario, nel 2006 Hasbro ha creato persino un profumo.
Come se non bastasse, sempre Hasbro, nel 2017 richiede di poter registrare l'odore del Play-Doh, sostenendo che il prodotto ha "un profumo unico formato dalla combinazione di una fragranza dolce, leggermente muschiata, simile alla vaniglia, con lievi sfumature di ciliegia e l'odore naturale di un pasta salata a base di grano".
La società ha ottenuto il marchio registrato il 18 maggio 2018.

Se questo può sembrarvi strano, sappiate che per la legge americana, profumi, colori e suoni (come la sigla all'inizio di ogni film targato 20th Century Fox) possono tutti essere registrati, a condizione che le aziende, o chi per loro, riescano a dimostrare che i consumatori hanno forti associazioni con gli stessi.

Al fine della dimostrazione, le compagnie possono fornire sondaggi e studi che avvalorano la propria tesi. Tuttavia, ottenere una registrazione per un marchio che sia un logo o un'immagine, come lo swoosh Nike, risulta più semplice in quanto è molto più facile dimostrare tale legame nel caso di una rappresentazioni visiva.

Ma in fondo quell'odore è unico, ed ha il potere di trasportare le persone indietro nel tempo...